La mia biografia di Franz Joseph Haydn

giovedì 24 maggio 2007

Haydn, Mozart e Beethoven, ovvero la Trinità musicale.

Così viene chiamato il Trio più sublime del Classicismo in musica.

Ma mentre gli obelischi di Mozart e di Beethoven si ergono potenti e intoccabili quali fari musicali anche nella popolarità, per le loro vite ed opere, conosciute, interpretate, usate ed abusate, per Haydn sembra che il destino abbia voluto riprendersi la tranquillità di cui ha goduto in vita, riservandogli una tormentata immortalità.

La popolarità di Haydn si ferma quasi al “L’ho sentito nominare”. Fortunatamente, e questo è ciò che importa davvero, Haydn è universalmente conosciuto ed apprezzato da chiunque abbia davvero la passione per la musica.

FRANZ JOSEPH HAYDN nasce a Rohrau il 1° Aprile 1732 (muore a Vienna il 31 maggio 1809).

Figlio di Maria Koller, cuoca al servizio dei conti di Harrach, e di Matthias Haydn, mastro costruttore e guidatore di carri, il quale, un po’ per la personale sensibilità, un po’ perché a contatto con “Signori”, attraverso i quali conobbe, probabilmente, le delizie dell’eleganza e della musica, ebbe l’energia di fare un piccolo gradino. Il primo gradino di una scala che ci ha donato uno dei più grandi compositori dell’umanità.

I costumi dell’epoca potevano riservare al giovane Joseph (non usò mai il suo primo nome di battesimo) ben poche evoluzioni rispetto alle occupazioni della famiglia presso la quale era nato. Sarebbe diventato un mastro carradore o qualcosa di simile, oppure, se affidato ad un protettore sensibile ed attento, un prete, un libertino (che spesso erano la stessa cosa) o un musicista. Forse tutto questo assieme.

Già nel 1736 un suo cugino maestro di canto corale presso una scuola di Amburgo gli insegna i primi rudimenti in musica impartendogli lezioni su come suonare il clavicembalo e il violino.

All’età di otto anni fu portato a Vienna e iscritto nel coro delle voci bianche della Cattedrale di S. Stefano.

Il piccolo Haydn si distinse per le sue inclinazioni musicali ma, una volta raggiunta una certa età di ragazzino, ovvero quando la voce non era più “bianca”, si rendeva necessario, anche se di malgrado, sostituirlo. Il Direttore del coro propose in alternativa di farne un “soprano”, che per gli uomini significava castrato.

Il padre si oppose e si precipitò a Vienna per ribadire che nessuna modifica fosse fatta alla natura del figlio, nemmeno per amore della musica (dubitiamo che il padre di Beethoven avrebbe fatto altrettanto).

Nel 1748 la muta della voce e la sua troppo esuberante vivacità lo estromisero, quindi, dal coro.

Affrontò da subito i problemi della miseria, senza occupazione e senza protettori.

A 17 anni la fortuna lo aiutò e trovò riparo in una casa dove si manteneva dispensando lezioni di clavicembalo. In quello stesso stabile risiedeva il Metastasio (1698-1782), poeta ufficiale della corte di Vienna, capofila della poetica letteraria e musicale arcadica settecentesca, e prestigioso librettista d’Opera conosciuto anche da Mozart, che su libretti di Metastasio avrebbe poi composto, tra l’altro, le Opere Il sogno di Scipione e Il re pastore.

Metastasio introdusse il giovane Haydn a Nicola Porpora (1686-1768), celebre compositore napoletano e maestro di canto che formò le più grandi voci del secolo, comprese quelle degli evirati tra cui brilla il celebre Farinelli.

Haydn, assunto da Porpora come accompagnatore, inizia da questo ad apprendere la composizione ma continua la sua curiosa e instancabile attività di autodidatta.

A questo periodo son da far risalire i suoi primi quartetti (Op. 1 e 2, 1755).

Finalmente Haydn viene chiamato, anche se per breve periodo, come Musikdirektor e Kammercompositor al servizio del principe Morzin, periodo durante il quale scrive la prima delle sue 108 Sinfonie. Intanto si sposa con Maria Keller, di tre anni maggiore di lui. Di sua moglie Haydn lamentava una certa insensibilità alla sua arte scrivendo che per lei, se fosse stato un ciabattino o un artista, poco cambiava. Di matrimoni simili ne seppe qualcosa Socrate, che non era un artista, ma nemmeno un ciabattino.

Haydn stesso ebbe a dire che fino all’età di trent’anni era stato un nulla, se non fosse che ebbe il privilegio di studiare con il grande maestro Porpora.

La svolta, e di vera svolta si trattò, giunse nel 1761 quando il compositore fu chiamato con l’incarico di Vicemaestro di cappella presso il principe Paul Anton Esterhazy. L’incarico prevedeva un contratto di tre anni e invece fu un sodalizio che impegnò l’intera vita di Haydn, indissolubilmente legata a questa casata, interrotta soltanto dal periodo londinese, tra il 1791 e il 1794.

La qualità e la grandezza della musica che si creava o si eseguiva a Vienna fin poco dopo la prima metà del secolo XVIII, non era autoctona di Vienna e ancor meno di compositori tedeschi (Bach era caduto nell’oblio e Hasse, sebbene tedesco, era così intriso di italianità da venir da certuni indicato come il maggior rappresentante dell’Opera italiana della sua epoca).

Presso le corti dei principi vi erano musicisti francesi e, ancora più richiesti e più acclamati, gli italiani, che godevano di una tale popolarità e di così grandi privilegi da adombrare tutti gli altri. A volte, occorre dirlo, non per merito. Avere un maestro compositore italiano alla propria corte era uno Status symbol, e tanto Haydn quanto Mozart lo sperimentarono sulla propria pelle.

Nel 1761, dunque, Paul Anton Esterhazy, appartenente a una delle più potenti famiglie di Vienna, lo assume come sostituto dell’anziano Maestro di cappella Gregor Werner. I loro doveri di compositori erano suddivisi: Haydn si sarebbe occupato della musica strumentale e Werner della musica sacra.

Forse l’invidia, forse i capricci senili, mossero le critiche indirizzate ad Haydn dal vecchio Werner (l’unico a dire su Joseph cose spiacevoli), critiche che con una esplicita lettera di Werner giunsero al Principe (a Nicolaus, successore di Anton nel 1762). Le accuse erano di essere troppo condiscendente con gli orchestrali e di svuotare gli armadi e la Cantoria della Chiesa. Nella lettera Werner non si dimenticò di chiedere al principe due cataste di legna in più da aggiungere al suo mantenimento.

La mitezza del carattere di Haydn ci fa credere che fosse davvero gentile col prossimo. Non sappiamo, ma non ci crediamo, se davvero svuotò o permise che si svuotasse la Cantoria degli strumenti.

Haydn fu comunque sollecitato per iscritto a provvedere agli inventari e a “dedicarsi più diligentemente alla composizione”. Fu inoltre invitato a scrivere composizioni per Baryton, strumento su cui il principe si dilettava (una specie di violoncello). Se non fosse che Haydn compose e suonò così splendidamente per quello strumento che il principe si offese.

Cinque anni più tardi Werner morì e Haydn assunse a pieno titolo il ruolo di Kapellmeister.

Il contratto che legava Haydn agli Esterhazy era molto preciso e altrettanto restrittivo.

Haydn fu assunto con lo stipendio e con il grado di un Ufficiale di palazzo, e alla disciplina di Ufficiale doveva conformarsi. Doveva ogni mattina e ogni pomeriggio fare anticamera presso il principe per ricevere ordini sull’eventualità di comporre musica.

Conteneva l’ordine severo e perentorio di non divulgare fuori del palazzo le sue composizioni, di non eseguirle e di curare che non fossero copiate.

L’organico dell’orchestra era di poco più di 20 musicisti che dovevano presentarsi al cospetto di sua altezza “in calze bianche, biancheria bianca, incipriati e in parrucca. In divisa”.

L’ambiente splendido e pomposo di un palazzo sontuosissimo con due teatri funzionanti, di cui uno per burattini, fu di giovamento alla sua attività compositiva. Libero da problematiche “materiali”, potè dedicarsi completamente alla sua arte che, da ora investe anche la sfera del teatro.

Nel 1768, a sei anni dalla morte del fratello Anton Esterhazy, il principe Nicolaus suo successore dopo aver costruito un castello, se possibile, più sontuoso del primo, inaugurò Il nuovo teatro degli Esterhazy. Per l’occasione venne rappresentato il dramma giocoso “Lo Speziale”. Nei vent’anni successivi Haydn scrisse per il teatro dei principi almeno altrettante opere tra le quali molte non sono giunte fino a noi.

Citiamo Le pescatrici (1770), L’infedeltà delusa (1773), L’incontro improvviso (1775), il mondo della Luna (1777), La fedeltà premiata (1780), L’Orlando paladino (1782), Armida (1783), Orfeo ed Euridice (1791).

Nel periodo in cui era ancora vivo Werner, come abbiamo detto, Haydn non aveva richieste di composizione di musica sacra. E quando Werner morì la situazione non cambiò poiché Nicolaus, pur essendo estremamente appassionato di musica, non prediligeva questo genere.

Haydn, che sulla musica sacra si formò, accettò con certo disappunto la situazione ma provvide a scrivere musica sacra per suo diletto, anche se non gli era richiesta come accadeva per le sinfonie, i pezzi per Baryton o per i quartetti.

Tra il 1766 e il 1772 compose la cantata “Applausus”, la messa “Sunt bona mixta malis” a cappella, la “Grosse Orgelmesse”, il Salve Regina” e la “Missa Sancti Nicolai”.

Di questo periodo è anche il magnifico “Stabat Mater” la cui partitura autografa è andata perduta.. L’impresa costituiva una sfida pericolosa per ogni compositore (celebri le versioni di Pergolesi e di Scarlatti), a causa del carattere tenebroso del testo, la sua lunghezza e la staticità dello svolgimento.

Haydn svolse egregiamente il lavoro utilizzando con sublime perizia il modo minore (non meno di sei movimenti) adattando i tempi dei mutamenti armonici in modo da dare vivacità e azione a un testo quasi privo di immagini.

Lo Stabat Mater fu eseguito presso la residenza degli Esterhazy e, su intercessione di Hasse al quale Haydn inviò la partitura, l’anno seguente fu eseguito anche a Vienna diretto dallo stesso Haydn.

Finalmente, dopo il 1779, gli venne permesso di vendere la propria musica agli editori e di accettare altre commissioni. Fu così che molta della musica composta da Haydn negli anni Ottanta venne conosciuta da un pubblico assai più vasto di quello degli ospiti degli Esterházy, diffondendo conseguentemente la fama del suo compositore.

La fama di Haydn si espande in tutta Europa. Egli godette nella sua epoca di una popolarità che pochi altri suoi predecessori vissero.

Era considerato “lo specchio della sua epoca” ed accostato come valore artistico al grande Shakespeare, che in quell’epoca fu riscoperto.

Se il concetto di popolarità moderna risulta essere ben differente da quello dell’epoca, forse è con Haydn che per la prima volta nella storia si può applicare l’accezione di “popolarità” così come noi oggi lo intendiamo.

I giornali lo esaltavano e persino l’imperatore Giuseppe II chiese che venisse composta un’Opera per la corte di Vienna. Haydn preparò La Vera Costanza (1779). A causa di mali intendimenti con i cantanti che gli furono imposti, o forse per sotterfugi di altri privilegiati compositori di corte (“i soliti italiani” direbbe Mozart), l’Opera non fu rappresentata a Vienna ma alla corte degli Esterhazy, al cospetto dell’Imperatore Giuseppe II.

Haydn incontra Mozart nell’inverno del 1781 (Haydn aveva 50 anni, Mozart 26), strinsero una salda amicizia e un intimo e reciproco rispetto. La sua grande modestia e bonomia, il suo acume, gli fecero confessare al padre di Mozart, Leopold, che “suo figlio è il più grande compositore che io conosca, di nome o personalmente”.

Intanto sui giornali d’Europa si lamentava il fatto che Haydn fosse tenuto come prigioniero alla corte dei suoi principi, con un contratto e ricompense indegne del suo prestigio ma soprattutto privo della libertà di viaggiare e di deliziare quindi il pubblico e le corti inglesi, francesi, italiane, europee insomma.

L’Europa che acclamava Haydn fu accontentata allorchè il vecchio principe Esterhazy morì e il suo successore Anton, insensibile alla musica e nel disastro economico, sciolse l’orchestra “liberando” il compositore.

Nel 1791 Haydn era a Londra, coronando un invito fattogli già da diversi anni e al quale Mozart aveva rinunciato. A Londra Haydn compone sei nuove Sinfonie (93/98) e ad Oxford ricevette la laurea honoris causa col titolo di “doctor of music”. E’ a Londra quando apprende della morte di Mozart.

A proposito della sinfonia diciamo anche noi che Haydn ne fu l’organizzatore formale donando a questa forma strumentale un modello prestigioso, definitivo e limpido.

Haydn “lastricò” di marmo pregiato le strade della sinfonia e della sonata per pianoforte classiche, Mozart le percorse con le ali del genio.

Ma se fu il vivace e determinato organizzatore della sinfonia e della sonata per pianoforte, è nel quartetto d’archi che si esprime pienamente il genio Haydniano.

Una forma e un modello di “conversazione” senza precedenti nella musica, che fecero dire a Goethe “quando ne vengo in contatto comprendo il significato che Dio ha voluto dare al bene e al male, esortandoci al bene”.

A questa conquista formale dei trii, quartetti, sonate, concerti e sinfonie guarderanno per primi Mozart e Beethoven (ci sarà un motivo?).

La forma sonata bitematica tripartita trova gradualmente in Haydn il maggior esponente, forse per l’ordine rigoroso ch’egli impone alle sue architetture musicali, sempre logiche e precise, organicamente intese, con i temi chiaramente delineati nella loro enunciazione, in un avvicendarsi di simmetrie che non trovano riscontro né in Mozart ne più tardi in Beethoven.

In generale la tecnica degli sviluppi di Haydn non è sofisticata ma lineare, in un gioco di perfette proporzioni.

Tra il 1792 e il 1793 Haydn è a Bonn, dove incontra Beethoven che qualche mese dopo diventò suo allievo.

Nel ‘94/’95 è di nuovo a Londra per dirigere le sue sei sinfonie londinesi passando di trionfo in trionfo. Riceve quest’anno dal nuovo principe Esterhazy Nicolaus II l’invito a tornare al servizio della famiglia, per restituire alla corte l’antico prestigio nell’ambito musicale.

Haydn accetta anche se molto dispiaciuto di abbandonare l’isola da cui ha ricevuto così numerosi onori.

Negli ultimi anni la produzione musicale si attenua nella quantità ma scrive alcuni tra i suoi più grandi componimenti. Sei grandi messe per soli coro e orchestra composte tra il 1796 e il 1802. Ma è negli ultimi due oratori che Haydn ci lascia il suo grandioso testamento, Die Schopfung (La Creazione 1796 – 1798) una libera interpretazione del “Paradiso perduto” di Milton, e Die Jahreszeiten (Le Stagioni 1799-1801), dall’omonimo lavoro di Thomson. Entrambi i lavori risplendono di gioia, di equilibrio e d’intelligenza religiosa.

Nel 1797 compone un inno imperiale (che nel 1922 diventerà l’inno nazionale tedesco).

Nel 1804 si ritira a Vienna, in una casa acquistata nel sobborgo di Windmuhle (oggi Haydngasse 19), dove trascorrerà gli ultimi anni della sua vita.

La sua ultima apparizione in pubblico fu il 27 marzo 1808, all’esecuzione delle “Stagioni” sotto la direzione di Salieri, in onore del suo compleanno, nell’autentica apoteosi del pubblico vi era anche Beethoven per rendere omaggio al grande e ammalato compositore. Tra gli applausi e le acclamazioni dell’intera sala il maestro, scosso dall’emozione, abbandonò il teatro prima della fine della rappresentazione. Tutti videro Beethoven baciargli le mani.

Morì il 31 maggio 1809, mentre i francesi bombardavano e occupavano Vienna.

Il 15 giugno dello stesso anno, durante una solenne cerimonia in suo onore, venne eseguito il “Requiem” di Mozart. Siamo certi ne sarebbero stati felici entrambi.

Haydn fu un genio apollineo, tutta la sua arte risiede nella perfezione della dialettica puramente musicale. Nella sua opera, la variazione assume la parte che fu la fuga nell’opera di Bach. Seppe sfruttare ogni singolo tema proposto, evolvendolo in una girandola di variazioni, di armonie di tecnica perfetta.

Il denominatore comune dello Stile Classico va probabilmente cercato nella sua qualità di “repertorio eminentemente orientato verso l’ascoltatore”.

Si deve a una visione storica permeata dal culto della personalità l’idea corrente di un Mozart eroe dell’emancipazione della musica, contrapposto a un Haydn attardato a lungo in una posizione servile alle dipendenze di una corte.

Il procedere di Haydn per via sperimentale, con continua verifica degli effetti sugli ascoltatori e conseguenti correzioni di rotta, spiega l’evolversi dello stile di Haydn assai meglio che non l’idea di un astratto processo di crescita verso le vette del “Classicismo maturo”.

Haydn rappresenta l’anima e l’icona di questo periodo Classico, tanto da aver generato dei luoghi che son fin troppo comuni, quali la paternità della sinfonia e del quartetto, il gusto per lo scherzo e la sorpresa, i procedimenti variativi e quant’altro.

I posteri sono stati ingiusti nei confronti di Haydn, poiché se è vero che i trionfi e le testimonianze di ammirazione riservategli universalmente dai sui contemporanei artisti, letterati, filosofi, principi e colleghi compositori non possono costituire a priori un passaporto privilegiato per la stessa esaltazione da parte della musicologia moderna, vuoi per il mutato gusto estetico, vuoi per la disillusione critica rispetto a certi stilemi rivelatisi col senno di poi “deboli” e poco convincenti.

E’ anche vero che ogni senso estetico è prigioniero di se stesso in ogni epoca, compresa la nostra.

Lo dimostrano le varie e diverse “Rinascenze” che hanno restituito nel tempo lo scettro di genio a personaggi fino a prima caduti nell’oblio o trattati come nomi da catalogo nella storia della musica.

Pensiamo alla “riscoperta” di Bach e di Handel nel secolo scorso. E, più recentemente, ai vari “anno di Beethoven”, “anno di Mozart”. Questo accade nella musica come nella pittura, nella letteratura come nella poesia. Eclatante il caso di Shakespeare.

L’Ottocento ha fagocitato, nel suo desiderio di setacciare, ricercare e amplificare lo struggimento e la tragedia delle passioni umane, ogni elemento estraneo alla tempesta dei sentimenti, cercando più nel buio che nella luce, esaltando l’ombra delle miserie e gettando nell’ombra la luce.

E il Settecento fu l’epoca dei lumi, della luce.

Haydn fu lo specchio di quella luminosa estetica musicale. Nessuna ombra, nessuna tragedia, nessuno spazio per la leggenda o il delirio “macchiarono” la vita di Haydn.

La sua carriera fu la più nobile, la più tranquilla, la meglio riuscita che si possa immaginare.

Haydn compone musica pura, senza le contaminazioni delle sue passioni personali. Non si trova in Haydn l’intenzione di esprimere una passione nella sua musica. La sua musica resta pura da ogni contaminazione extramusicale.

Questo l’Ottocento non glielo ha mai perdonato.

Ma la grandezza di Haydn sta nel produrre in noi sentimenti di gioia e di profondità, di spirito e di riflessione. La sua musica è arte, grande arte. E l’arte è fine a se stessa.

La musicologia Haydniana è l’ultima arrivata fra i grandi ripensamenti della musica del passato.

Se con Mozart ci troviamo già di fronte alla musica intesa quale specchio di una personalità, in Haydn la musica, con tutto il suo fantasmagorico intreccio di suoni è invece specchio esclusivamente di se stessa.

In conclusione, non si spiega la scarsa presenza di Haydn nei repertori e nella programmazione dei concerti e ancor meno nella produzione discografica.

Siamo fiduciosi che Haydn possa brillare anch’egli, di luce propria, nella Trinità musicale.

Haydn, Mozart e Beethoven.

Haydn ci ha lasciato:

  • 108 sinfonie
  • 118 tra marce danze e altri pezzi per orchestra
  • 20 concerti per vari strumenti e orchestra, dei quali 3 per violino, 2 per violoncello, 4 per clavicembalo
  • 25 divertimenti per assieme strumentali
  • 75 quartetti per archi
  • 62 trii
  • 170 composizioni per Baryton, di cui 126 trii
  • 63 composizioni per strumento a tastiera, di cui 52 sonate
  • 3 oratori, il primo dei quali “Il ritorno di Tobia” (1775)
  • 39 pezzi sacri per voci e strumenti
  • 14 messe
  • 147 pezzi profani per voci e strumenti, tra cantate, Lieder e canoni
  • 31 lavori per il teatro, alcuni perduti o incompleti
  • Più di 300 elaborazioni di canti popolari.

Dopo lunga ricerca ho constatato che la bibliografia italiana su Haydn è quanto mai lacunosa (come per molto altro, del resto).

Oltre alla “Vita di Haydn”, un breve libretto scritto da Stendhal, e ad altri due testi che lo propongono assieme a Mozart, Beethoven e il classicismo, vi sono solo due libri pubblicati in Italia che possono considerarsi quale riferimento specifico ed interamente dedicati a questo arguto, intenso e monumentale compositore:

HAYDN, Vita e Opere - Robbins Landon, David – 1988 Rusconi – Lire 63.000, e

HAYDN – a cura di Andrea Lanza – 1999 Il Mulino (Polifonie) – Lire 42.000.

Il volume di Robbins Landon (uno dei massimi studiosi, biografi e conoscitori di Haydn al mondo) ormai è fuori catalogo e non c’è speranza che vi rientri se non quando un’altra casa editrice avrà la sensibilità di ripubblicarlo, considerato che la Rusconi pare sia fallita.

Il volume curato da Andrea Lanza è un pregevole e puntuale lavoro che raccoglie un’antologia di testi stranieri su Haydn e di cui in Italia non sentiamo nemmeno il profumo.

E’ un buon, anzi ottimo, libro che presenta in parti uguali espressioni tecniche e tematiche divulgative.

Certamente non adatto per chi si avvicina ad Haydn per la prima volta, ma soddisfa pienamente chi di classica ha la passione e chi apprezza l’Haydn dei quartetti e delle sinfonie. Vi sono testi di Wheelock, Somfai, Schroeder, Sisman, Bonds, Brown e Seidel (oltre al profusamente citato Landon) che analizzano le tecniche di composizione e ne rivelano i colori.

Il tutto ben condito e presentato da una illuminante introduzione di Andrea Lanza al quale bisogna rendere il merito di avere, almeno in parte, riempito un vuoto che in Italia è una voragine.

Dall’introduzione di Andrea Lanza:

Gli otto studi su Franz Joseph Haydn che compongono questo volume sono stati scelti e riuniti con due intenti: offrire al lettore italiano un’introduzione criticamente aggiornata all’opera di un compositore sul quale ben poco era sinora leggere nella nostra lingua.

E, insieme, documentare per excerpta alcuni recenti indirizzi della storiografia musicale che hanno assunto Haydn a paradigma – o almeno a pretesto – per una revisione complessiva dell’immagine critica dello Stile classico, se non addirittura dell’idea stessa di “classico” nella musica.”

3 commenti:

Anonimo ha detto...
30 maggio 2007 alle ore 14:29

La musica di Haydn è di una bellezza clamorosa. Non per niente era l'unico compositore che Mozart stimava. Darei non so cosa per tornare indietro nel tempo e assistere ai quartetti in casa Mozart ai quali Haydn partecipava.

La Sfinge di Bumbury ha detto...
30 maggio 2007 alle ore 14:48

Sono assolutamente d'accordo con te.
E quello che tu dici ho cercato di trasfonderlo anche in questa biografia di cui io stesso sono l'autore.
E' una mia creatura a cui tengo moltissimo. Spero che ti sia piaciuta.
Ritengo sia godibile e di facile lettura, anche se piuttosto lunga (ma come potrebbe essere diversamente).
Mi tocchi nel cuore quando dici "come vorrei essere a quel tempo e vivere con loro certi momenti".
E' un aspetto a cui penso spesso, spessimo.
Un pò come quando Machiavelli scriveva "alla sera leggo un libro e converso con loro, mi trovo lì con loro, con Tacito, Orazio, Marziale, Apuleio... respiro la loro stessa aria e osservo le cose attraverso la luce dei loro stessi giorni, mattine e pomeriggi".

Credo che Haydn sia stato una delle persone più piacevoli e meravigliose dell'intera umanità.
E la sua musica ci trasmette questo sentimento in ogni nota, in ogni sfumatura.
Grazie per il tuo commento, caro amico/a (come ti chiami?).
Torna a trovarmi.
Ciao.

Lory Griffin ha detto...
19 dicembre 2007 alle ore 20:37

Ciao a tutti!!! Stavo cercando nel web alla ricerca di due opere di haydn e sono finito in questa pagina dove ho letto tutto questo testo con cui concordo in pieno, commenti compresi. Questo anke perchè Haydn è sempre stato il mio compositore preferito in quanto mi ha trasmesso sempre una cera pace e serenità e spesso ho ascoltato la sua musica nei momenti più giù...ma già che sono qui vorrei chiedere una cosa: sono alla ricerca di due delle 14 messe di Haydn, le uniche due che mi mancano, in quanto i lavori corali di Haydn (3 oratori, messe) è ciò che amo di più di lui...ma ci sono due di queste che hanno titoli strani:
Sunt bona mixta malis
Rorate coeli desuper
che messe sono? Non riesco a trovare nessun cd che le contenga...da quello che hai scritto in questo "articolo" sei molto bravo/a e ne sai moltissima! magari sai spiegarmi anke questa...ripasserò da qui presto, complimenti cmq, davvero!
a presto!