I SACRAMENTI NEL PENSIERO E NELL’OPERA DI MARTIN LUTERO

lunedì 7 settembre 2009

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Sebbene Lutero ritorni spesso, nei suoi numerosi scritti e sermoni, sul tema dei sacramenti, mi piace affrontare la questione partendo dal De Captivitate Babylonica Eccclesiae, in cui Lutero espone una sorta di “manifesto teologico”, con toni accesi, polemici e determinati, in contrapposizione al fatto che essi “[…] ci sono stati miserabilmente sottratti dalla Curia di Roma, la quale ha spogliato la Chiesa di tutta la sua libertà […]” (per la traduzione uso il testo di Italo Pin, Studio Tesi, 1984, per quanto la presentazione di Sergio Quinzio contenga dei grossolani errori).

In questo scritto occasionale dell’ottobre 1520, Lutero affronta il tema dei Sacramenti con mirabile discorsività ed eccellente aderenza alle scritture. Tale discorsività si esplica nel fatto che inizialmente e in via di riserva sugli sviluppi successivi del suo argomentare egli scriva: “per cominciare, rifiuto i sette sacramenti, e, per il momento, ne accetto solo tre: battesimo, penitenza ed eucarestia […] per quanto, se volessi parlare sulla base della Scrittura, troverei soltanto un Sacramento e tre segni sacramentali… […].

Dopo una lunga, e interessante, analisi dei sacramenti imposti dalla Chiesa di Roma, demolendo di volta in volta le basi su cui essi si appoggerebbero, o affermandone in due casi il fondamento scritturale, Lutero nelle ultime pagine giunge alla conclusione: […]”Ne consegue che, se vogliamo esprimerci rigorosamente, nella Chiesa ci sono soltanto due sacramenti di Dio, il battesimo e l’eucarestia, poiché solo in questi vediamo che è stato istituito da Dio un segno associato alla Promessa della remissione dei peccati” […].

Partendo da Agostino e basandosi sulle Scritture, è nel Battesimo e nella Cena che Lutero individua i segni visibili della promessa. E’ con essi che Dio esprime le parole di salvezza, che operano nell’uomo mediante la fede.

Se, successivamente, per quanto concerne il Battesimo si innescherà il dibattito, e il conflitto, degli e con gli Anabattisti sul pedobattesimo, è nella qualità della “presenza” di Cristo negli elementi del pane e del vino che ci sarà un confronto, e una rottura, con Zwingli e Calvino.

Per il luteranesimo delle origini, per l’ortodossia luterana e ancora oggi nel luteranesimo contemporaneo, la qualità della “presenza” di Cristo negli elementi è consustanziale (ma senza accettare la transustanziazione), ovvero vi è (est!) presenza reale e simultanea del pane e del corpo di Cristo. Alla domanda: Come avviene questo? Lutero risponde: Dio lo sa, questo basta.

E’ evidente l’inconciliabilità con la presenza “anamnetica” di Zwingli e con il “compromesso” tra le due posizioni operato da Calvino.

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