Una lettera al Presidente Napolitano dalla rete

giovedì 11 marzo 2010

clack!bIl fatto che recentemente il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato nottetempo il cosiddetto Decreto Salva-liste del PdL ha suscitato moltissima indignazione sia da parte di alcuni esponenti politici, giornalisti, scrittori e intellettuali, ma ancora di più da parte di una eccezionale moltitudine di cittadini comuni, del “Popolo Viola”, di Bloggers e di residenti la rete, su Facebook e ogni altro strumento e mezzo di libera espressione.
Ebbene, navigando in rete ho trovato una lunga lettera indirizzata al Presidente Giorgio Napolitano che mi sento di pubblicare qui per intero, previa autorizzazione dell'autore.

Si tratta della lettera di Matteo Pascoletti:



Illustre Presidente,
Dopo la sua decisione di firmare il decreto 'interpretativo', non posso che ritenermi irrimediabilmente deluso dalla sua persona. L’ultima cosa che mi rimane da fare, come cittadino, prima di dover accettare con dolore e con rabbia uno stato di cose che non può assolutamente rappresentare i miei ideali di Democrazia, Giustizia e Verità, uno stato di cose per cui persone che agiscono in palese violazione della Costituzione hanno creato un sistema di potere che sta progressivamente esautorando le istituzioni e gli organi di controllo, è farle delle semplici domande.
Innanzi tutto, chiamare quel decreto 'interpretativo' costituisce una presa in giro nei confronti del diritto, della Costituzione, della Repubblica, delle persone che sono morte perché l’Italia potesse diventare una Repubblica e delle persone che sono morte per evitare che cessasse di esserlo.
Lei ha avvalorato il comportamento di un gruppo di persone che, per rappresentare solo ed esclusivamente i propri interessi personali, ha utilizzato come scusa la parola libertà, commettendo un vero e proprio stupro della lingua, delle istituzioni e della storia di questo Paese. Uso il termine stupro per sottolineare la violenza di un simile atteggiamento, con cui si piegano il linguaggio e le regole con la violenza della mistificazione, della propaganda ideologica, dell’eliminazione mediatica dei nemici o dei personaggi scomodi e con forme di censura palesi e incontrovertibili.
Lei è davvero convinto, firmando il decreto, di aver agito nell’interesse del popolo italiano?


La Storia della Repubblica Italiana è costellata da una sanguinosa scia di martiri. Questi martiri sono quelle persone che hanno pagato con la vita l’adempimento a quell’ideale chiamato 'servire lo Stato', ideale che ogni funzionario pubblico, di qualunque ordine e grado, dovrebbe tenere presente. Parlo di persone come Ambrosoli, Livatino, Scopelliti, Borsellino, Falcone. Venerdì sera lei ha avuto nelle mani la possibilità di non firmare, e di certo, credo, ciò non avrebbe messo a repentaglio la sua vita. Invece ha scelto di firmare.
Presidente, lei ritiene di aver servito lo Stato?
Ritiene di aver agito come garante della Costituzione Italiana, che è la fonte della legge, e quindi anche del decreto che lei ha firmato? Ritiene di aver agito in osservanza della Costituzione Italiana, tramite la quale si esercita la sovranità popolare?
In internet è facilmente reperibile il filmato in cui Milioni, l’uomo passato grottescamente alla storia come 'quello del panino', farfuglia le proprie scuse per dimostrare di essere stato presente nell’ufficio competente entro l’orario di ufficio per depositare le firme, pur essendo uscito per andare a prendere un panino.
Il video è un divertente caso di mancata dimostrazione del miracolo dell’ubiquità, a voler essere educati.
Presidente lei ha visto quel video?
Lei ha letto i resoconti della stampa, le testimonianze di chi era presente quando è accaduto 'l’affair Milioni'?
Perché se ha letto gli articoli e visto il video, allora la domanda è: Presidente, lei pensa che gli italiani siano stupidi? Lei pensa che gli italiani non sappiano che incidenti del genere sono semplicemente l’emerso di lotte di potere interne ai partiti, che ormai si comportano come vere e proprie aziende, e stanno creando uno stato parafascista in cui invece di un partito solo, come ai tempi del ventennio, c’è un Giano Bifronte che divora i diritti del popolo italiano adescandolo con un meccanismo di finta alternanza e sostanziale collusione?
Presidente, lei proviene dal PCI.
Oggi in Italia 'comunista' è usato come insulto da una parte consistente degli italiani. Questi italiani usano la parola comunista come un razzista usa la parola 'negro' o 'frocio'. Usano la parola 'comunista' svuotandola di ogni significato politico, storico, filosofico ed etico, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi.
Le persone le cui leggi, leggine e leggiucole lei continua a firmare, alimentano questo falso ideologico per ovvi fini personali, creando un clima di propaganda che sta avvelenando il paese come un cancro comunicativo che agevola la metastasi nelle istituzioni.
Nel 'Piano di Rinascita Democratico' della disciolta P2, loggia deviata tra i cui iscritti figurano persone che occupano in alcuni casi posti importanti dell’amministrazione pubblica (uno di essi è Presidente del Consiglio), il Partito Comunista non è nemmeno nominato. Le sembra un caso?
Presidente, lei è ricattato?
Presidente, è vera la notizia riportata da «Il Messaggero», secondo cui lei ha ricevuto minacce?
Perché se la notizia è falsa, Illustre Presidente, lei deve provvedere a smentire una simile, gravissima, calunnia. Ma se invece la notizia è vera, lei deve rispondere al popolo italiano, oggi, e dovrà rispondere alla Storia, domani, per aver consegnato lo Stato di Diritto nelle mani di una pericolosa banda di eversori che usa la politica come strumento per acquisire e consolidare potere in modo illecito, e non come strumento legale di rappresentanza del popolo italiano, che è sovrano anche dopo il voto.

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