L’ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA IDEATA DA GIOVANNI CALVINO

giovedì 24 giugno 2010

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Con le Ordonnances ecclesiastiques del 1541, a Ginevra Calvino pose le basi della nuova struttura della Chiesa da lui ideata. Come abbiamo già detto in altra risposta, il suo soggiorno a Strasburgo gli suggerì un ordinamento in quattro ministeri: Pastori (radunati nella Venerabile compagnia dei pastori), Dottori, Diaconi e Anziani. Che corrispondevano ai quattro ambiti della predicazione, dell’insegnamento, della disciplina e dell’assistenza. Era questo un ordinamento non gerarchico, ovvero nessun ministero o ambito era subordinato all’autorità dell’altro, e ad ognuno di essi era assegnato un compito preciso nella Chiesa e nella società. Della prima sono responsabili i ministri della parola o Pastori; l’insegnamento è affidato a maestri e teologi; i presbitèri, o anziani, esercitano il ministero della disciplina, della conduzione pratica; e i diaconi curano l’assistenza in tutte le sue forme: l’assistenza ai poveri, alle vedove, ai malati, agli orfani ecc.

Calvino crea e introduce (attenzione, come abbiamo detto in altra risposta tutte le innovazioni, riforme e strutture sono sempre discusse, approvate o respinte dal Consiglio cittadino in organo di collegialità), un organismo tutto nuovo: il Concistoro, composto da pastori e membri laici scelti nel Consiglio cittadino. Il Concistoro era l’organo ecclesiastico propriamente inteso, ed aveva il compito di attendere alla disciplina ecclesiastica, all’ortodossia religiosa e al controllo rigoroso della moralità pubblica e dei fedeli. Il fatto, particolare, che nel Concistoro i membri laici erano in numero superiore rispetto a quello dei pastori, impediva il formarsi di una casta sacerdotale. I maggiori organi collegiali della società ginevrina erano dunque il Gran Consiglio, il Piccolo Consiglio e il Concistoro. E’ evidente che per la struttura di queste istituzioni e per la loro conformazione si evitava da un lato che la Chiesa avesse una sua collocazione autoritaria superiore alla generale collegialità cittadina, da cui la Riforma intendeva rifuggire, ma dall’altro se ne minava e minacciava l’autonomia.

La lotta per l’autonomia della chiesa rispetto al potere civile fu infatti per lungo tempo dura e aspra da parte di Calvino, che la rivendicò con forza rispetto al potere dei magistrati del Consiglio e dei partiti a lui avversi e i cui membri furono presenti in maggioranza all’interno dei due organismi principali cittadini, compreso il Concistoro. Solo nel 1555, quando dalle elezioni uscì vittorioso il partito favorevole a Calvino, egli potè operare con una serenità maggiore e in clima a lui (e alle sue riforme) più benevolo. Mi piace ricordare che fino ad allora Calvino dovette sottoporre all’autorizzazione dei Magistrati persino la pubblicazione delle sue opere e che capitò che gli impedissero di intervenire in dispute scritte con teologici di altre città per non incrinare i delicati equilibri politici tra stati e città.

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